Si è conclusa la Scuola di Giornalismo di Assisi “Giancarlo Zizola”, storico appuntamento annuale organizzato dall’Unione Cattolica della Stampa Italiana (Ucsi). Quest’anno, la scuola ha riunito 75 giovani giornalisti provenienti da tutta Italia nella suggestiva cornice della Pro Civitate Christiana, un luogo di incontro e riflessione che da sempre ospita iniziative legate alla spiritualità e all’impegno sociale.
Un susseguirsi di interventi da parte di professionisti del mestiere ha trattato il tema centrale di questa edizione: l’approfondimento delle “5M”, un approccio innovativo che invita i giornalisti a fare “di più” (da qui il termine More), aggiungendo valore umano e professionale al loro lavoro quotidiano. Le “5M” rappresentano un’evoluzione delle tradizionali “5W” del giornalismo anglosassone (chi, cosa, quando, dove e perché) e si articolano in cinque principi fondamentali: umanità, tempo, fonti, diritti e linguaggi.
In un mondo sempre più connesso e dominato dalla velocità delle informazioni, è cruciale che i giornalisti mantengano al centro del proprio lavoro l’aspetto umano delle storie, non limitandosi a riportare i fatti ma considerando anche le persone coinvolte, mostrando empatia e sensibilità verso di esse. Parallelamente, nonostante l’urgenza di far circolare le notizie, il giornalista deve riservare più tempo all’approfondimento e alla verifica delle informazioni. Questo tempo in più non solo permette una maggiore accuratezza, ma consente di contestualizzare gli eventi e offrire una visione critica che arricchisce la comprensione del pubblico.
La crescente disponibilità di informazioni, soprattutto nell’era digitale, pone l’accento sulla necessità di diversificare e verificare le fonti. Non è più sufficiente affidarsi alle fonti primarie o secondarie, ma occorre garantire l’affidabilità delle notizie attraverso un accurato controllo incrociato. In un panorama mediatico sempre più complesso, il giornalismo deve anche farsi difensore dei diritti, dando voce a chi solitamente non viene ascoltato e impegnandosi eticamente nel rispetto della dignità delle persone coinvolte.
Infine, il mondo dell’informazione è in costante evoluzione e richiede ai giornalisti di padroneggiare nuovi linguaggi per poter comunicare efficacemente con pubblici diversi attraverso piattaforme sempre più variegate. Dalla scrittura tradizionale ai video, dai podcast ai contenuti per i social media, il giornalista deve sapersi adattare ai cambiamenti della comunicazione per rimanere rilevante. Questi principi, nati dall’intuizione di Giuseppe Delle Cave e sviluppati da un gruppo di giovani giornalisti, rappresentano un tentativo di rispondere alle sfide moderne, arricchendo e aggiornando il metodo giornalistico e promuovendo una professione che non solo informa, ma contribuisce a una società più consapevole e democratica.
Queste riflessioni sono nate come risposta alla crisi che il giornalismo sta affrontando a livello globale. Fake news, manipolazione delle informazioni, perdita di fiducia del pubblico e l’avvento delle nuove tecnologie sono solo alcune delle sfide più urgenti. La Scuola di Assisi non ha proposto soluzioni immediate, ma ha offerto una piattaforma per discutere idee innovative che possono contribuire a ridare forza e credibilità alla professione.
Un altro aspetto interessante della Scuola di Assisi è stato il dialogo tra fede e tecnologia. I partecipanti hanno discusso come l’intelligenza artificiale (IA) possa essere uno strumento utile per il giornalismo, non solo per automatizzare alcuni processi, ma anche per migliorare la qualità dell’informazione. Tuttavia, l’IA deve essere utilizzata con discernimento, tenendo sempre al centro il rispetto per la verità e per l’essere umano.
La Scuola di Assisi non è solo un luogo di apprendimento tecnico, ma un’esperienza di profonda crescita umana. Ogni anno offre ai partecipanti un’opportunità unica di riflettere sul proprio ruolo nel mondo dell’informazione e su come contribuire a migliorarlo. L’incontro con colleghi da tutta Italia permette un arricchimento professionale e la costruzione di relazioni che superano la sfera lavorativa. Partecipare a questa scuola è un onore e un’opportunità preziosa per ogni giovane giornalista, un momento di riflessione individuale e collettiva per osservare il mondo con nuovi occhi e impegnarsi a trasformarlo, ogni giorno, con piccoli e grandi gesti.
Avendo partecipato a questa edizione della Scuola di giornalismo di Assisi, mi permetto di esprimere una mia riflessione e conclusione, prendendo spunto da una delle 5M che sono state sviluppate in questi giorni: More humanity, ovvero più umanità. Vorrei riportare l’esempio di perfezione nell’antica Roma che a mio parere si intreccia molto bene con il mestiere del giornalista: gli scultori meno abili nascondevano le crepe delle loro opere con della cera per dare l’illusione di un lavoro impeccabile. Al contrario, gli scultori più capaci marcavano le loro opere con l’etichetta “sine cera” (senza cera) per garantire l’autenticità e la qualità della loro arte. Da questa pratica deriva il termine “sincerità”, che oggi esprime la verità e la trasparenza nel comunicare.
Analogamente, il giornalismo è chiamato a essere “senza cera”: autentico, trasparente e veritiero. La perfezione nel giornalismo non si raggiunge con l’aggiunta di artifici o dettagli inutili, ma eliminando ogni elemento superfluo che possa distorcere la realtà. Come disse Antoine de Saint-Exupéry: “La perfezione si raggiunge non quando non c’è più niente da aggiungere, ma quando non vi è più niente da togliere.” Questo concetto si applica alla scrittura giornalistica, dove l’essenza della notizia deve emergere senza abbellimenti, falsità o compromessi.
Elisa Battista